Sarebbe ragionevole superare gli steccati ideologici che 10 anni fa impedirono l’incontro tra i giusti.

Come Officina Comunista, nel 2007, provammo ad aprire un confronto tra comunisti sostenendo la tesi che Marx aveva elaborato le proprie teorie con un metodo ancor valido e che questo andava utilizzato per analizzare la società di quasi due secoli dopo.

Secondo noi, l’enorme concentrazione di potere del capitalismo finanziario, che muove risorse enne volte superiori alla produzione di beni, le delocalizzazioni, le innovazioni di processo e la parcellizzazione del lavoro nei paesi a capitalismo avanzato, avevano svuotato il ruolo del proletariato come insostituibile produttore del capitale, inducendone la perdita di potere politico e di coscienza di classe.

Fu un fallimento totale, nonostamte i risultati elettorali dei quartieri operai evidenziassero che in mancanza di una analisi politica che ne individuasse le cause reali, la forza lavoro accusava le forze di sinistra della propria debolezza e per protesta si volgeva verso chi le criticava, dall’estremismo all’astensione e finanche alle destre.

Come Per il Bene Comune, dal 2009 al 2013, preso atto della perduta potenza rivoluzionaria del proletariato ( per non parlare di chi ancora scimmiotta Lenin e straparla di alleanza operai-soldati-contadini), da un lato e del potere assoluto delle famiglie della grande finanza che hanno assoggettato Governi, Partiti e Popoli, dall’altro, capimmo che la forza rivoluzionaria era il 99% del popolo e che era questo a dover acquisire la coscienza di essere schiavo dell’1% .

Patria, nazione, sovranità popolare, moneta pubblica, ciòè i valori che il capitalismo finanziario, con i suoi media, le sue fondazioni, i suoi partiti ha saputo inquinare, indebolire e distruggere, per poter sviluppare il proprio potere globale, erano i nostri punti fermi, mentre lo strumento rivoluzionario, in luogo del ‘partito’, lo avevamo individuato nelle Assemblee Sovrane delle Comunità, una sorta di moderno soviet, inclusivo ma con forte disciplina e autonomia territoriale, a cui solo i partiti, i movimenti e le persone che condividevano quei 4 punti, indipendentemente dall’essere comunisti, fascisti, liberisti o quant’altro, avrebbero potuto partecipare.

Nuovo fallimento.

Ora che i partitini della diaspora di sinistra che continuano a sgranare il rosario proletario si sono ridotti a poco più del gruppo di amici, nonostante le più o meno fugaci apparizioni nelle TV nazionali, locali e/o nei social, è tempo di guardare ai fatti e accorgersi che la destra furba che ha saputo intercettare le questioni relative ai 4 punti fermi di PBC (ovviamente non approfondendole sia per limiti ideologici che per timore della repressione mediatica e finanziaria della grande finanza), sta raccogliendo la maggioranza dei consensi elettorali del popolo italiano.

E’ tempo, meglio tardi che mai, che chi vuole combattere le ingiustizie del sistema creato dalla grande finanza tiri le somme del tempo perso a rincorrere specchietti per le allodole o miraggi studiati dalle fondazioni sorosiane; vanno analizzati il funzionamento del sistema e delle sue casematte, storicizzando le frasi fatte dei classici del passato.

Urge ripartire dai fatti, non dai nostri sogni.